Foto: Governo Italiano – Presidenza del Consiglio dei Ministri (https://www.governo.it/it)

Ricordate Eduardo in “Napoli milionaria” dove c’era la celebre battuta “Ha da passà a nuttata”? Tutti noi che ci interessiamo di politica (cioè una piccola minoranza, gli altri erano più attratti dalla “Champion’s”) attendevamo Giorgia Meloni al varco ineluttabile del 25 aprile, la festa che celebra la Resistenza e che la sinistra ha sempre utilizzato per contrapporre ai suoi avversari politici ritenuti non abbastanza anti-fascisti la propria verginità partigiana, senza se e senza ma. La ricorrenza serviva a richiamare la distinzione fondamentale su cui doveva fondarsi la Repubblica: da una parte i partiti che avevano scritto la Costituzione (comunisti compresi, a prescindere dalle loro simpatie per il totalitarismo sovietico) e dall’altra i nuovi arrivati (Forza Italia, Lega, Alleanza Nazionale). I liberali, avendo fatto parte del CLN erano tollerati ma guardati con diffidenza.
Roba passata; il 25 aprile 2023 invece era questione di attualità.

25 aprile 2023
Nell’ottobre 2022 infatti, con una volata che ricordava le celebri imprese dei cavalli di razza quando gli ippodromi erano ancora di moda, il movimento politico “Fratelli d’Italia” aveva vinto le elezioni, facendo a pezzi la sinistra storica raggruppata nel PD e ridimensionando i suoi stessi alleati (a cominciare da Berlusconi). Dopo un secolo esatto un partito che era nato e si era sviluppato sulla memoria storica del fascismo aveva conquistato il potere; senza camicie nere, evitando marce faticose, meno rumoroso di quello degli antenati, pieno di attenzione per i ceti moderati che gli avevano aperto la strada (come peraltro era avvenuto anche quando al posto di Meloni c’era Mussolini e il Crosetto di allora si chiamava Grandi). A questo punto è cominciata una partita tutta ancora da giocare e che tiene ovviamente accesi i riflettori della pubblica opinione non soltanto in Italia ma in tutto il mondo dove nell’ultimo secolo sono cambiate molte cose. Come avverrebbe d’altronde se i neo-franchisti di Vox assumessero la guida del governo in Spagna o Marina Le Pen vincesse le elezioni in Francia, mettendo in discussione ancora una volta la credibilità democratica delle nazioni mediterranee spesso percepite come il “ventre molle” dell’Europa.

Abbiamo visto la presidente Meloni nei primi mesi di governo dedicare infatti quasi tutto il suo tempo a rassicurare gli alleati europei e americani (soprattutto i secondi) con atteggiamenti netti anti-putiniani che si contrapponevano alle ambiguità filo-moscovite dei suoi alleati di governo. In giro per il mondo senza un attimo di tregua, disseminando il cammino di scatti d’orgoglio, gaffes, ma anche nettezza di posizioni che gli sono valse – se non altro – il rispetto degli interlocutori (a cominciare da Macron che nei nostri confronti non riesce ad accantonare quegli atteggiamenti paternalistici da “soerette latine” abbastanza fastidiosi e ingiustificati). Ma l’attesa di tutti era per il 25 aprile: cosa avrebbe fatto l’erede di una memoria quanto meno revisionista nella festa dell’anti-fascismo?

La lettera
Al di là della scontata partecipazione ufficiale all’omaggio all’Altare della Patria con Mattarella e le maggiori cariche istituzionali, Meloni ha scelto di entrare a gamba tesa nel dibattito mediante una lettera al Corriere della Sera. Un intervento lungo e circostanziato in cui la presidente ha cercato di definire davanti alla parte più qualificata dell’opinione pubblica – lontano dalle piazze populiste – il suo rapporto con la memoria fascista e quindi anche la concezione di democrazia che dovrebbe caratterizzare il futuro della sua leadership facendo in modo che coincida con una visione conservatrice e moderata che in Europa ha molti punti di riferimento. Al di là di alcune imprecisioni e di qualche aggettivo improprio nulla che non si possa considerare legittimo all’interno di una dialettica pluralista come quella che piace a noi liberali. Lo smarcamento da ogni forma di totalitarismo (anche del passato) è netta e inequivocabile, il riconoscimento dei valori che hanno ispirato la Resistenza appare convinto e senza ambiguità. In sostanza un testo coraggioso che riprende e approfondisce il discorso di investitura pronunciato nel parlamento appena eletto che si accingeva a votare la fiducia al suo governo; per i suoi contenuti in rapporto ai precedenti della sua carriera politica non si tratta di una correzione di rotta ma di una vera e propria conversione. Ma la storia ci insegna che dei convertiti bisogna sempre diffidare e perciò non resta che rimettersi alla realtà fattuale dei prossimi mesi.
Nel frattempo però non si può nemmeno navigare in un continuo processo alle intenzioni attendendo ansiosamente i passi falsi del governo per poterlo delegittimare. Non è così che si fa l’opposizione. Occorre un progetto alternativo convincente in grado di riportare a casa quei tanti voti che la sinistra ha perso non per mancanza di “sinistrismo” ma, al contrario, per l’indifferenza che ha dimostrato nei confronti delle esigenze e delle preoccupazioni dei ceti medi tradizionalmente “centristi”. Elly Schlein, imposta al vertice del PD dal suo presunto elettorato, non ha ancora rivelato le sue vere intenzioni e per ora naviga prudentemente sulla consueta linea del no su cui spera di mantenere unito il partito. Calenda e Renzi, che si rivolgono a un elettorato più riflessivo, invece di chiarire pubblicamente le differenze di strategia che li dividono, hanno litigato come comari di cortile determinando un comprensibile disagio tra i loro stessi amici e dimostrando i limiti di ogni alleanza basata su leadership personali anziché su convergenze programmatiche. Dalle ceneri del terzo polo emerge soltanto un’ irrefrenabile auto-considerazione di personaggi che si sono attribuiti senza alcuna verifica una capacità di rappresentanza dell’elettorato “moderato” che si è dimostrata quanto meno velleitaria.

Ci vuole altro perchè l’Italia ritrovi una credibilità che le consenta di tornare ad essere parte attiva della costruzione di un’Europa liberale, alleata con gli Stati Uniti ma al tempo stesso punto di equilibrio della grande cintura democratica che circonda le velleità egemoniche russe e cinesi, con le quali bisognerà pure fare i conti ma su posizioni di forza, proponendo un nuovo progetto di convivenza in grado di affrontare i problemi economici, ambientali e sociali che le future generazioni dovranno risolvere.
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Franco Chiarenza
30 aprile 2023