Brexit in salita

Le elezioni politiche in Gran Bretagna hanno prodotto un risultato opposto a quanto aveva previsto e sperato il primo ministro May al momento di sciogliere la Camera dei Comuni. I giovani hanno votato in massa per il partito laburista consentendo al suo discusso leader Jeremy Corbyn di riemergere proprio quando la sua leadership pareva a rischio dopo le incertezze che avevano accompagnato il referendum sulla Brexit. Theresa May dal canto suo si ritrova senza una chiara maggioranza in parlamento e di fronte a una probabile resa dei conti all’interno del partito conservatore. Tutto ciò alla vigilia dell’apertura ufficiale delle trattative con l’Unione Europea per negoziare tempi e modi dell’uscita della Gran Bretagna.

Perché May ha voluto le elezioni
Contrariamente a quel che molti pensano la sconfitta della May non rappresenta una vittoria degli europeisti e men che meno un compito facile per i negoziatori dell’Unione. Vero è che probabilmente molti di coloro che hanno votato contro i conservatori lo hanno fatto anche per un tardivo pentimento nei confronti di un’uscita che si prospetta sempre più traumatica. Ma è anche cosa nota che la debolezza induce a comportamenti intransigenti proprio per far fronte agli inevitabili contraccolpi che potrebbero derivarne nell’opinione pubblica del proprio paese.
Se è vero – come pare – che la May sperava in un’ampia maggioranza per consentirle di gestire la trattativa con una sorta di mandato in bianco, ciò non serviva a strappare concessioni all’Unione ma piuttosto a far digerire i bocconi amari che vasti settori dell’economia, della finanza, e delle protezioni sociali inglesi dovranno trangugiare. La posizione forte era necessaria per ragioni di politica interna non per modificare i termini di un accordo che comunque si prospetta difficile soprattutto per la Gran Bretagna.

Cosa succederà adesso
La situazione si presenta adesso molto ingarbugliata. Se Theresa May formerà una maggioranza con gli estremisti protestanti dell’Ulster, le reazioni in Irlanda saranno durissime. Dopo la lunga guerra civile tra cattolici e protestanti l’Irlanda aveva vissuto negli ultimi anni un periodo di pace e di prosperità anche grazie all’Unione Europea che aveva consentito l’abbattimento delle barriere tra l’Eire e l’Irlanda del Nord; non a caso gli irlandesi del nord avevano votato a grande maggioranza per la permanenza nell’Unione Europea). Ricreare ostacoli alla libera circolazione delle persone e delle merci ricondurrebbe il processo di pacificazione (e di potenziale unificazione) al punto di partenza e complicherebbe ulteriormente la trattativa tra Bruxelles e Londra.
A questo punto un cambiamento alla testa del governo britannico non è improbabile. Senza il fardello degli errori (anche di comunicazione) compiuti dalla May e con una maggioranza transitoria che preluda a nuove elezioni, sarebbe possibile forse per la Gran Bretagna presentarsi al tavolo con le mani più libere di quanto non siano quelle dell’attuale premier.

Franco Chiarenza
15 giugno 2017

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