Cinque righe per ogni leader (italiano)

Foto: Governo Italiano – Presidenza del Consiglio dei Ministri

Conte: la sesta stella
E’ una stella spuntata dal nulla chiamata a molteplici funzioni: inizialmente per mediare tra Grillo e Salvini, poi per mediare tra Grillo e Zingaretti, infine per trarre il movimento di Grillo fuori dalla palude in cui si è impantanato. In realtà non ha nulla da spartire con l’autentica cultura grillina fatta di giustizialismo a buon mercato, autoritarismo carismatico, assistenzialismo, decrescita più o meno felice. E infatti con Grillo può al massimo spartire una spigola al sale.

Letta: mission impossible
Cattolico disobbediente, chiamato a risollevare le sorti del partito democratico dotandolo finalmente di una leggibile carta d’identità. Impresa impossibile (non ci riuscì nemmeno Veltroni) perchè il PD è inesorabilmente il partito degli ex (ex comunisti, ex cattolici di sinistra, ex socialisti a cui si aggiunge qualche ex proveniente da altre sponde politiche, persino liberali). Ha deciso di copiare la carta d’identità disegnata a suo tempo da Pannella, ma c’è qualche errore di stampa.

Salvini: destra di lotta e di governo
Dice tutto e il suo contrario, da sempre. Sa che l’analfabetismo politico degli italiani, sorretto da difficoltà di memoria, lo protegge. Non manca occasione per schierarsi dalla parte di chi può portargli qualche voto in più, ma non sempre il gioco riesce: da qualche tempo i sondaggi dimostrano che la sua leadership è in fase calante. Partecipa appassionatamente al governo europeista e filo-atlantico di Draghi ma firma manifesti anti-europei, si barcamena tra rosari e santini eppure non sa a che santo votarsi.

Meloni: dimmi con chi vai
Nasce (politicamente) neo-fascista. Dopo la svolta finiana di Fiuggi diventa post-fascista. Unica oppositrice formale del governo Draghi rivendica la sua coerenza nell’ostilità a governi “tecnici” o comunque apolitici e, approfittando delle contraddizioni della Lega, ne erode pazientemente la base elettorale. Sostiene un’unione europea disunita fondata sulla intangibilità delle sovranità nazionali, e perciò guarda con simpatia al regime ungherese di Orban. Spezzerà le reni a Ursula van der Leyen?

Renzi: tra il dire e il fare….
Dice cose sensate e condivisibili persino da un liberale, ma liberale non è. Anche perchè essere liberali si misura dai comportamenti concreti, e i suoi si prestano sempre a qualche fondata riserva. Come quando flirta con bin Salman Saud, il quale sarà pure un riformatore in Arabia Saudita ma ha adottato un’interpretazione spregiudicata di Machiavelli facendo uccidere gli oppositori. Sarà per questo che Renzi ha parlato di “rinascimento arabo”.

Calenda: la troppa (concretezza) stroppia
E’ presuntuoso, il che in politica non sarebbe un difetto. Lui però pretende niente meno di cambiare gli italiani costringendoli a misurarsi sulle soluzioni concrete dei problemi, cosa che tutti aborrono per paura di perdere la loro “identità”, da sempre affidata al vecchio gioco dei guelfi contro i ghibellini; chi si è mai preoccupato delle ragioni per cui si combattevano? Tanto basta per considerarlo un alieno; per di più è “pariolino” e di famiglia agiata, cosa che viene perdonata soltanto se si è estremisti di sinistra.

Speranza: senza speranza
E’ uno che crede ancora nelle idee, sballottato in un mondo senza idee. Per questo suscita simpatia. Purtroppo però le sue idee sono vecchie e sbagliate, incapaci di intercettare le nuove priorità dell’elettorato giovanile, al quale prevalentemente si rivolge. E’ uno di quelli che dice che dopo il Covid cambierà tutto (intendendo la fine del capitalismo e il trionfo di un nuovo collettivismo pseudo-socialista). Intanto però per imporre il quasi-obbligo vaccinale ha dovuto accettare la guida di un generale scelto da Draghi. Un po’ imbarazzante per un aspirante rivoluzionario.

E poi c’è Draghi. Il quale, nonostante le apparenze (è presidente del Consiglio dei ministri), non è un leader italiano perchè il suo prestigio internazionale, la sua preparazione, il suo modo paziente ma deciso di governare, fanno di lui un leader europeo. Travaglio non è d’accordo, lo insulta e lo ritiene un incompetente ma gli italiani (stando ai sondaggi) sono favorevolmente sorpresi: Draghi ascolta, si confronta, cerca mediazioni accettabili (necessarie in un governo emergenziale ad ampio spettro come quello che dirige), ma poi decide assumendosene la responsabilità, e da quel momento in poi non si torna indietro.
Altrimenti venga qualcun’altro a palazzo Chigi; lui è pronto a trasferirsi al colle Quirinale che è più comodo e da cui si gode un panorama impareggiabile sulla Città Eterna, al netto dei miasmi che l’avvolgono da quando una signora incompetente e presuntuosa è stata eletta ad amministrarla. Monito ai sostenitori della “democrazia diretta”.

 

Franco Chiarenza
04 agosto 2021

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