Coronavirus: ieri, oggi, domani
Del corona virus parlano e scrivono tutti e c’è poco da aggiungere: è un’epidemia influenzale come altre ce ne sono state e per contrastarla, al di là di ciò che già si fa, c’è poco altro da fare. Passerà, lascerà una scia di morti, si troverà un vaccino (che probabilmente non sarà sufficiente per eventuali futuri virus influenzali), e amen. Ma qualche considerazione al “Liberale qualunque” viene in mente.
Ieri
Il corona virus non è il primo e non sarà l’ultimo. A partire dalla cosiddetta “spagnola” che tra il 1918 e il 1920 infettò in tutto il mondo almeno mezzo miliardo di persone con un altissimo numero di decessi, basti ricordare l’”asiatica” del 1957 e le molte altre epidemie influenzali che si sono succedute fino all’attuale insorgere del “corona virus”. Questo vuol dire che non si tratta più di fenomeni eccezionali in qualche modo imprevedibili ma invece di epidemie ricorrenti, seppure in forme diverse, che vanno affrontate tempestivamente con strutture già predisposte pronte a intervenire appena compaiono i primi sintomi del loro apparire. Un po’ come per i terremoti si tratta di emergenze frequenti che non si possono ogni volta trattare come eventi straordinari e irripetibili ma richiedono sistemi di contrasto in grado di mobilitare in tempi rapidi i soccorsi; una sorta di “Protezione Civile” sanitaria. Si eviterebbero i ritardi che anche in questa occasione certamente si sono verificati.
Oggi
Non siamo ancora in grado di capire quali dimensioni assumerà l’epidemia e quando comincerà la fase discendente dell’infezione. Governi e popolazioni si trovano di fronte al classico dilemma: misure troppo restrittive rischiano di strangolare l’economia e di innestare reazioni di panico anche maggiori di quanto giustificherebbe la situazione reale, toni e decisioni più contenuti potrebbero limitare l’allarmismo ma anche favorire la diffusione del virus (caso tipico: le partite di calcio). I pensionati possono restare a casa ma le attività produttive non possono fermarsi paralizzando il Paese.
Domani
I danni prodotti dal corona-virus non sono ovviamente ancora calcolabili, però sono già molto ingenti. Ma nei prossimi mesi potrebbero assumere dimensioni senza precedenti perchè i sistemi di produzione e di distribuzione innovati dalla globalizzazione sono fondati su catene multinazionali in cui basta il venir meno di una componente per bloccare l’intero processo che porta al prodotto finito.
Questo significa che si dovranno correggere i modelli operativi per adeguarli ad emergenze che tali più non sono e che vanno previste nei procedimenti su cui si fonda l’economia globalizzata: il che potrebbe portare a un aumento dei costi di produzione (penso, per esempio, agli stock di magazzino che tornerebbero ad essere necessari).
In Italia dovremmo interrogarci se il nostro sistema-Paese sarebbe in grado di sostenere emergenze ricorrenti senza rafforzare i suoi punti di debolezza: insufficiente produttività, scarsa innovazione, fragilità finanziaria, sistema formativo inadeguato, bassa natalità. Il “Liberale Qualunque” non vede nei programmi dei partiti e nelle loro azioni quotidiane nulla che tenga conto di tali esigenze: trova soltanto superficialità, populismo demagogico, misure tampone (necessarie ma non strategiche), e uno sfruttamento indecente delle paure collettive attraverso un uso spregiudicato dei social-media. Da destra a sinistra, passando per un centro inesistente, poche differenze.
Franco Chiarenza
5 marzo 2020
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