AMELIA CORTESE E LA SUA FONDAZIONE

Ha compiuto cento anni. Non la Fondazione Cortese (che è molto più giovane) ma lei, la più straordinaria donna liberale che ho conosciuto, Amelia Ardias Cortese. Sempre attiva, lucidissima, protagonista della politica a Napoli (e non soltanto) “donna Amelia” ha dedicato i suoi ultimi anni alla Fondazione intitolata al marito Guido e al figlio Roberto, defunti entrambi dopo essere stati attivi nella vita politica napoletana e nazionale.
Guido Cortese è stato un esponente di rilievo del partito liberale sin dai primi anni dopo la guerra, ministro dell’industria dal 1955 al 1957; a lui si devono leggi importanti che contribuirono al rilancio del Mezzogiorno quando tutti sembravano convinti che il definitivo superamento della questione meridionale dovesse costituire l’obiettivo fondamentale della giovane repubblica. Lui, liberale convinto, sosteneva però che senza la leva di un intervento straordinario dello Stato sarebbe stato impossibile raggiungere lo scopo, e poiché lo Stato possedeva allora gli strumenti di promozione industriale necessari (l’IRI che aveva ereditato dal fascismo) bisognava utilizzarli, anche al di là dell’immediata convenienza economica, per raggiungere in tempi brevi risultati significativi; forse il modello che aveva in mente era la ben nota Tennessee Valley Authority di Roosevelt. Morì troppo presto, nel 1964, lasciando un vuoto soprattutto in molti giovani liberali come me che lo ritenevano un importante punto di riferimento.
Sua moglie Amelia ne raccolse l’eredità politica dedicando la sua vita a una concezione moderna del liberalismo, ai diritti delle donne (che soprattutto nel Mezzogiorno sembrava una rivendicazione quasi eversiva), e all’unità europea che ha sempre considerato un traguardo di fondamentale importanza anche per le regioni meridionali. Consigliere comunale nel 1970, consigliere regionale dal 1975, entrata a far parte della Giunta nel 1995 ha avuto deleghe di grande importanza (politiche giovanili, lavoro, urbanistica, beni ambientali e culturali) fino a divenire vice-presidente della Regione.
Ho avuto nel corso della mia ormai lunga esistenza la possibilità di conoscerla bene (per quanto bene si possa conoscere una personalità così complessa con interessi tanto estesi) e, nella mia veste di direttore scientifico e vice-presidente della Fondazione Einaudi di Roma, di collaborare con la Fondazione Cortese di cui “donna Amelia” è presidente e instancabile animatrice. Le “scuole di liberalismo” di Napoli si svolgono ancora oggi sotto l’egida della Fondazione Cortese, ma ricordo anche convegni e seminari importanti sui problemi della comunicazione (realizzati in collaborazione con le università napoletane) dove, in anticipo sui tempi, si cominciò a discutere del rapporto tra le concezioni liberali e i nuovi strumenti di informazione che, a cominciare dalla televisione, imponevano riflessioni e rimedi che non hanno perso la loro attualità.

I cento anni di Amelia Cortese mi hanno colto di sorpresa; per lei sembrava che il tempo avesse sospeso il suo inesorabile scandire. Si può ben dire che di donne come lei ne nasce una ogni cent’anni. Cent’anni sono passati ma altre non ne vedo.
Auguri, donna Amelia, ad majora, c’è ancora da fare.

Franco Chiarenza
6 luglio 2018