E adesso?

E’ la domanda che molti mi fanno. Come se io possedessi capacità divinatorie in una materia così complicata come la politica italiana (complicata perchè sono complicati gli italiani!).
Posso soltanto fare qualche riflessione che lascia il tempo che trova.

  1. Non credo che l’esito del referendum sul numero dei parlamentari abbia grande importanza. Se vince il sì (come è molto probabile) i Cinque Stelle si sbracceranno per attribuirsene il merito ma il fatto che persino il PD (dopo un po’ di giravolte) si sia orientato per il sì e la sostanziale convergenza delle destre attutiranno la percezione trionfalistica di Grillo e Di Maio. Se vince il no l’immagine dei Cinque Stelle ne resterà incrinata ma le conseguenze per il governo saranno minime. Il problema viene dopo. Per rendere realmente funzionale il nuovo assetto parlamentare occorre non soltanto una appropriata legge elettorale ma anche mettere all’ordine del giorno il superamento del bicameralismo integrale.
  2. Neanche i risultati delle elezioni regionali saranno determinanti per la tenuta della maggioranza a meno che il PD non subisca una sconfitta in Toscana, sua roccaforte storica. Per le altre Regioni in cui si vota ho pochi dubbi sulla vittoria della destra in Puglia (oltre alla conferma in Veneto e Liguria), e di De Luca (sinistra) in Campania. Un’eventuale sconfitta del PD nelle Marche non sarebbe sufficiente a mettere in crisi la maggioranza di governo.
  3. Il vero nodo politico che dovrà essere sciolto in ottobre è la resa dei conti all’interno del movimento Cinque Stelle. Si tratta di misurare (anche nei gruppi parlamentari) i rapporti di forza tra l’ala moderata favorevole a mantenere l’alleanza col PD (che fa capo a Di Maio e può contare sull’appoggio di Grillo) e la parte “movimentista” di cui potrebbe assumere la guida Di Battista (con la benedizione del clan Casaleggio). Ne uscirà probabilmente un compromesso ma bisognerà vedere quali saranno le conseguenze su una base militante che mostra segni crescenti di disagio.
  4. Il problema più importante che dovrà essere risolto entro ottobre non è politico ma piuttosto economico e sociale, quando il governo dovrà presentare alla Commissione dell’Unione Europea il programma di investimenti strutturali per i quali si apre la possibilità di accedere ai finanziamenti del recovery fund faticosamente strappati da Conte al vertice europeo dello scorso luglio. La gravissima situazione economica e sociale che si prospetta, anche per il permanere delle misure restrittive dello stato di emergenza connesse alla pandemia, produrrà pressioni fortissime per l’allargamento di misure assistenziali incompatibili con gli impegni assunti a Bruxelles ma che naturalmente la destra di Salvini e Meloni cavalcheranno senza remore. Senza una maggioranza solida in grado di ridimensionare le preoccupazioni elettorali dei Cinque Stelle sarà impossibile andare avanti e in tal caso lo scenario si complicherebbe. La soluzione più logica sarebbe lo scioglimento anticipato delle Camere e il conseguente ricorso alle urne (come vorrebbero le destre, convinte, in base ai sondaggi, di potersi avvicinare alla maggioranza assoluta). Ma Mattarella potrebbe giocare una carta di riserva prima che il semestre bianco metta fuori gioco il Quirinale: la conosciamo tutti: ha un nome e un cognome Mario Draghi. Ma con quale maggioranza?

 

Franco Chiarenza
13 settembre 2020

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