Elezioni primo tempo
Il rito elettorale del 4 marzo si è concluso e la vittima sacrificale ha un nome, Matteo Renzi; chi l’avrebbe detto cinque anni fa quando baldanzoso prendeva d’assalto il palazzo del governo.
E’ ancora presto per abbandonarsi alle alchimie sulle previsioni di quale governo per il futuro; il numero dei seggi attribuiti non è ancora definitivo e mai come in questo parlamento anche un voto può fare la differenza. Qualche considerazione però può essere fatta:
- Noi liberali “qualunque” usciamo sconfitti da queste elezioni. O eravamo davvero pochi oppure ci siamo ancora una volta mimetizzati dentro vestiti che non ci rendono riconoscibili.
- Il problema è che le concezioni liberali “aperte” come il multilateralismo, la tolleranza per le diversità etniche e religiose, i mercati regolati ma liberi, gli orizzonti di crescita di tante parti del mondo fino a ieri escluse dal benessere, la speranza che tutti potessero condividere i valori che provengono dalla nostra storia e che credevamo irrinunciabili, sono entrate in crisi in tutto il mondo. Dobbiamo chiederci perché.
- L’Italia non ha fatto eccezione e, almeno in apparenza, la maggioranza dell’elettorato sembra ostile all’Europa, favorevole alle chiusure nazionali, propensa a risolvere l’evidente disagio diffuso nel Paese affidandosi a un’espansione della spesa pubblica.
- Le questioni che hanno determinato il risultato elettorale sono essenzialmente due: l’immigrazione e la disoccupazione. L’Europa si è trovata nella scomoda posizione di essere additata come responsabile di entrambi i fenomeni; è stato facile in questo modo alle forze politiche eludere le proprie responsabilità e scaricarle su un soggetto terzo. L’apertura dei mercati è vissuta da molti come la causa della disoccupazione e si pensa ingenuamente che il protezionismo rappresenti la soluzione del problema. Lo stesso vale per l’immigrazione, per la quale alle motivazioni economiche si aggiunge la preoccupante emersione di concezioni razziste e nazionaliste.
- Colpisce il grande successo del movimento Cinque Stelle nel Mezzogiorno. Molti analisti sostengono che la promessa di un salario di cittadinanza a tutte le famiglie indigenti sia stata determinante assai più delle motivazioni moralistiche sui costi della politica e contro la corruzione che ne avevano caratterizzato gli inizi.
- Il crollo del partito democratico va oltre l’antipatia suscitata da un personaggio che, dopo una buona partenza, si è fatto notare soprattutto per l’arroganza e la disinvoltura con cui ha governato. Renzi non è caduto per mancanza di un progetto (quello della “Leopolda”, con tutti i suoi limiti, lo era) ma per non averlo portato fino in fondo. I numeri ci dicono che andare controcorrente forse non avrebbe evitato la sconfitta (anche se in Francia con Macron ha funzionato), ma comunque il P.D. ne sarebbe uscito con le carte in regola per affrontare il secondo “round”.
- Chiunque governerà si troverà di fronte a due problemi di non facile soluzione: rispettare le promesse fatte con i costi spropositati che comportano e gestire di conseguenza i malumori e le divisioni che si produrranno all’interno di contenitori così eterogenei. Con gravi rischi di instabilità che – non si dimentichi – sono gli unici che davvero preoccupano i mercati e possono produrre ricadute incontrollabili.
- Quelli che vengono chiamati “poteri forti” – per intenderci: imprese, sindacati, banche, alti gradi dell’amministrazione, forze armate, mondo accademico, ecc. – hanno mantenuto una sostanziale indifferenza durante la campagna elettorale, quasi lasciando intendere che il risultato sarebbe stato senza conseguenze sulle grandi opzioni strategiche che vengono ormai decise a livello sovranazionale. Molti dei loro esponenti pensano che la scelta era tra rendere più efficiente e produttivo il “sistema Italia” o non farlo; nel primo caso avremmo occupato a giusto titolo un posto nelle sedi decisionali (non soltanto europee), nel secondo caso saremmo rimasti emarginati ma comunque nell’impossibilità di uscire realmente dalla rete complessa di interessi incrociati che ormai sovrasta tutte le nazioni occidentali. E se sbagliassero? Anche a Londra pensavano così e poi è arrivata la Brexit.
Franco Chiarenza
5 marzo 2018
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