En marche: all’indietro

L’opinione pubblica italiana (me compreso) che aveva accolto con soddisfazione le esplicite aperture europeiste del nuovo presidente francese è rimasta senza parole. La tanto temuta Marine Le Pen non avrebbe potuto fare peggio: prima l’inutile sgambetto all’Italia convocando a Parigi i duellanti libici che si sono lasciati con un accordo sulla carta da attuarsi in primavera dell’anno prossimo e di difficilissima realizzazione, poi la nazionalizzazione dei cantieri navali di Saint Nazaire dopo che la Fincantieri ne aveva acquisito l’anno scorso il 67% delle azioni dal fallimento della sudcoreana STX (la quale le aveva comprate molti anni prima senza alcuna opposizione da parte del governo francese). Una nazionalizzazione che sarebbe stata più comprensibile se l’acquirente non fosse stato un partner europeo, ma che si tinge in questo caso di un protezionismo nazionalista in antitesi non soltanto alle dichiarazioni d’intenti di Macron ma anche alla politica di apertura ai capitali europei (e soprattutto francesi) che l’Italia ha perseguito nell’ultimo decennio.
Anche il brutale respingimento di poche decine di immigrati che avevano varcato il confine a Ventimiglia rientra in questo quadro di malcelata ostilità verso l’Italia di cui non si comprendono le ragioni rappresentando esso una vera e propria retromarcia rispetto alla carta d’identità che il presidente francese aveva esibito prima di essere eletto e che oltretutto rischia di provocare effetti collaterali di lunga durata anche per le future strategie europee. Se infatti tra la fine dell’anno e l’inizio del 2018 dovesse davvero avviarsi un processo di unificazione tra i paesi del “nocciolo duro” dell’Europa con cessioni di sovranità in campo militare e di coordinamento finanziario, attizzare un clima nazionalistico d’antan appare controproducente e porta acqua al mulino degli oppositori del progetto.

En attendant
E’ ancora presto per trarre da queste prime mosse maldestre conclusioni definitive sulla capacità di Macron di rappresentare una leadership di dimensioni europee; non sempre è vero (almeno in politica) che la giornata si vede dal mattino.
Il governo Gentiloni ha reagito bene: mentre i rispettivi ministri si scambiavano battute al vetriolo, il presidente del consiglio e il ministro dell’Economia, pur non nascondendo il fastidio e la delusione, si sono mantenuti su una prudente posizione di attesa; a loro spetterà in sostanza l’ultima parola se si cercherà un’intesa al massimo livello. La Commissione Europea, che pure in materia avrebbe qualcosa da dire, per ora tace; il segretario del partito democratico invece purtroppo parla cercando di mettersi in competizione nazional-demagogica con il governo francese minacciando la nazionalizzazione di Telecom (di cui virtualmente la francese Vivendi ha ormai assunto il controllo). Ancora una volta invadendo le competenze del governo e mettendo in difficoltà Gentiloni. Ma la politica non è una partita di “monopoli”; qualcuno dovrebbe spiegarlo al “segretario fiorentino” il quale potrebbe forse utilmente rileggere gli insegnamenti del suo lontano predecessore che si chiamava Machiavelli.

Intanto però la vecchia Unione burocratizzata e accusata di inefficienza e incapacità di rappresentare gli autentici valori europei si muove mettendo in discussione l’evoluzione giuridica e costituzionale della Polonia e dell’Ungheria, sempre più tentate ad avvicinarsi al modello di “democrazia autoritaria” di Putin, e insistendo per la ricollocazione dei profughi che affollano l’Italia e la Grecia. Anche con la Gran Bretagna le trattative continuano e la Commissione di Bruxelles non sembra voler lasciare spazio a iniziative bilaterali. La Corte di giustizia, da parte sua, nel respingere interpretazioni forzate della convenzione di Dublino ribadisce tuttavia che i cambiamenti, quando si rendono necessari, si fanno modificando i trattati non cercando di aggirarli; una conclusione che, se in apparenza mette in difficoltà l’Italia, in prospettiva potrebbe rafforzarne la posizione negoziale all’interno dell’Europa.

 

Franco Chiarenza
31 luglio 2017

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