Conoscevo Ernesto da molto tempo. Molto attivo, ambizioso, appassionato cultore del pensiero di Benedetto Croce, scrittore fertile, il professor Paolozzi era un assiduo frequentatore dei bei saloni di palazzo Serra di Cassano dove l’Istituto di studi filosofici creato da Gerardo Marotta svolgeva un’intensa attività di studio e di divulgazione delle conoscenze storiche e filosofiche. Lo incontravo nei miei saltuari soggiorni napoletani e le nostre discussioni erano sempre stimolanti.
I nostri liberalismi non erano coincidenti: più crociano il suo, piuttosto einaudiano il mio, giusto per riprendere il famoso dibattito tra don Benedetto e il futuro Presidente della Repubblica che ha animato negli anni il ristretto ma vivace mondo dei liberali. Ernesto Paolozzi era soprattutto un filosofo morale e in quanto tale tendenzialmente ostile al liberalismo di matrice anglosassone che vedeva nell’economia di mercato – sia pure regolamentata e corretta nei suoi eccessi – una condizione inderogabile per ogni sviluppo liberale della società, e tale avversione lo portava ad assumere atteggiamenti molto critici nella valutazione dei modelli culturali che arrivavano dall’America.
Ernesto però non era un pensatore astratto isolato dalla realtà; al contrario aveva ambizioni politiche e non nascondeva questa propensione. Come me militò per un certo periodo nel partito liberale, riconoscendoci entrambi nell’ascendenza zanoniana e nella maggioranza che governò il PLI intorno all’asse Zanone-Altissimo. Nel 1992 fu eletto consigliere comunale; ebbe successivamente esperienze meno fortunate presentandosi in altre liste (di alcune delle quali è legittimo porsi qualche domanda sulla compatibilità con il liberalismo) ma mantenne sempre attiva la sua presenza collaborando con giornali, riviste, e attraverso l’insegnamento nell’università Suor Orsola Benincasa. Da lui raccolsi nel 1995 il testimone della direzione scientifica della Fondazione Einaudi di Roma quando diventò per lui evidente la difficoltà di conciliare i suoi impegni politici e professionali con la gestione di un’istituzione che svolgeva la sua prevalente attività in una città diversa da quella che era al centro dei suoi interessi.

Ernesto Paolozzi ha pubblicato molti libri, diversi saggi su Benedetto Croce e numerosi interventi su temi di attualità politica. Tra tanti vorrei ricordarne due che ben si attagliano alla sua complessa personalità: “Il liberalismo come metodo” scritto trent’anni fa ma assolutamente fondamentale per una concezione dinamica del pensiero liberale che non conosce l’usura dell’età, e uno degli ultimi “Diseguali, il lato oscuro della vita” (scritto in collaborazione con Luigi Vicinanza) nel quale si avverte una contaminazione tra un liberalismo riletto in chiave laburista e conclusioni molto vicine a un marxismo rivisitato che tuttavia – a mio avviso – resta difficilmente compatibile con le stesse radici liberali dell’autore. Una svolta discutibile, confermata da un conseguente impegno elettorale, che testimonia tuttavia quanto Ernesto restasse “metodologicamente” liberale nel rimettere sempre in discussione ogni presunta certezza, cominciando da quelle del suo stesso passato.
Con lui se ne va un interlocutore dialettico che percepiva con sofferenza la difficoltà di realizzare un’etica liberale in un mondo in veloce trasformazione; ne sentiremo la mancanza.

Franco Chiarenza
14 aprile 2021

 

PS. Chi voglia approfondire il pensiero e l’opera di Ernesto Paolozzi nella loro evoluzione può trovare un appassionato e lucido approfondimento di Costanza Pera pubblicato sul sito della “Scuola di Liberalismo” http://www.scuoladiliberalismo.it

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