Forse con Conte bisogna fare i conti

La vera sorpresa di questo governo, inutile nasconderselo, si chiama Giuseppe Conte. Lo dimostrano anche i sondaggi che lo vedono in pole position.
Il che induce a due ordini di considerazioni.

Il mediatore
La prima riguarda l’indubbia abilità di Conte non soltanto nel mediare tra posizioni sempre più divergenti tra i leader della maggioranza (con buona pace del contratto di governo che avrebbe dovuto risolvere tutto in anticipo lasciando a l presidente del Consiglio un ruolo pressochè notarile), ma anche nell’ammortizzare le stupidaggini e la superficialità che caratterizzano la politica estera di Salvini e Di Maio, dai gilet gialli ricevuti con tutti gli onori a palazzo Chigi per fare un dispetto a Macron al “Russiagate” di Salvini. La mediazione di Conte è andata infatti ben oltre: in sostanziale sintonia con il Quirinale e con il ministro Tria ha negoziato con Bruxelles il rinvio della procedura d’infrazione, ha mantenuto la polemica con la Francia in toni accettabili, ha, in qualche modo, guadagnato (almeno personalmente) la fiducia di alcuni leader europei, ha ottenuto la promessa di aumentare gli stanziamenti europei per la TAV Torino-Lione quel tanto che consentisse ai Cinque Stelle di salvare la faccia (visto che la decisione non era ormai più rinviabile e ritenuta ineluttabile dallo stesso Di Maio). Anche sulla questione libica, malgrado le oggettive difficoltà, ha mantenuto la barra dritta sull’appoggio a Serraj e sulla necessità di cercare le soluzioni possibili nell’ambito dell’ONU, vista l’impossibilità di una comune strategia europea. Ma il vero capolavoro è stata la fatidica giornata di mercoledì 24 luglio quando dopo avere salvato i Cinque Stelle assumendo su di sé l’onere della decisione sulla TAV, adducendo motivi di carattere economico e internazionale che in realtà erano conosciuti da tempo, è andato al Senato per confermare la responsabilità di Salvini nell’accreditamento di Savoini a Mosca, ancora una volta favorendo i Cinque Stelle e facendo intendere a Salvini che qualsiasi forzatura passa per una crisi di governo. Come dire che alla fine il jolly in mano ce l’ha lui con dimissioni che aprirebbero una crisi dagli esiti imprevedibili (e che infatti Salvini ha mostrato di temere molto).

Il moderato
Ma, come ho detto, ciò che stupisce è la sua popolarità attestata dai sondaggi. Il che rimanda ad un analogo consenso che si registrò per Gentiloni. La maggioranza degli italiani dunque preferisce personaggi di governo moderati, dal profilo modesto, poco presenti nelle sceneggiate televisive, assenti dal presenzialismo quotidiano sui social; il fatto che poi i voti vadano a personaggi volgari come Salvini, pretenziosi come Renzi, inaffidabili come Di Maio, è dovuto ad altre ragioni che poco hanno a che fare con l’esibizionismo mediatico. Quella che apprezza i toni bassi e la concretezza è una maggioranza silenziosa, spesso probabilmente non giovane, poco condizionabile dalle pagliacciate su internet che tanto divertono le generazioni più abituate ai nuovi linguaggi della politica; forse la stessa maggioranza che aveva sperato anni fa che il protagonismo di Renzi, anche se un po’ al di sopra delle righe, avrebbe avviato un processo di riforme istituzionali e strutturali di cui tutti sentivano la necessità. Quando Renzi, malgrado alcuni risultati positivi, finì affondato dalla sua arroganza, da un esercizio del potere che non aveva cambiato i vizi strutturali del PD, e da una riforma costituzionale mal gestita e percepita come un tentativo quasi autoritario (anche se non lo era) la “maggioranza silenziosa” apprezzò Gentiloni il quale con il reddito di inclusione e una credibile politica estera fondata su solide alleanze avrebbe forse salvato il PD dal naufragio elettorale se Renzi e il partito stesso non lo avessero continuamente delegittimato. Forse è la stessa maggioranza che ha votato Cinque Stelle perchè stufa della corruzione imperante a tutti i livelli che il PD sembrava proteggere invece di combatterla; ma è bastato un anno per rendersi conto che il dilettantismo al potere non risolve i problemi ma li aggrava. Così ha rapidamente cambiato tiro rifugiandosi nella Lega nazionalista guidata da uno spaccone, il quale però, almeno sulla questione della sicurezza (collegata all’immigrazione clandestina) sembrava meglio interpretare sentimenti largamente condivisi (se a ragione o a torto poco importa). Questa maggioranza fluttuante, non più ancorata a certezze ideologiche, diffidente ma al tempo stesso disponibile a qualsiasi promessa di cambiamento, preoccupata per il futuro, esiste; non frequenta la piattaforma Rousseau, non mette i like alle volgarità di Salvini, chiede un progetto per fare uscire l’Italia dalla stagnazione, sa che la strada per farlo non può consistere nè nell’assistenzialismo del reddito di cittadinanza né nelle pensioni anticipate.

Cosa c’entra questo discorso con Conte? Forse più di quanto oggi si pensi. Sono in molti a chiedersi cosa farà Conte da grande. Lui dice che dopo questa esperienza di governo tornerà ad insegnare all’università; può darsi. Anche Coriolano tornò a coltivare la terra finchè qualcuno lo richiamò a Roma. Da sempre la politica è bella anche perchè è spesso sorprendente.

 

Franco Chiarenza
27 luglio 2019

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