Giorgia attenta!!

Foto: Governo Italiano – Presidenza del Consiglio dei Ministri

Tutti gli esperti della politica nostrana erano unanimi: Giorgia Meloni, a differenza di Berlusconi e Salvini, ha dietro di sé un partito e un gruppo dirigente compatto, ben organizzato e fedele alla leader. Ebbene, i casi di La Russa e Rauti dimostrano che non è esattamente così. Le loro uscite nostalgiche non sono incidenti di percorso ma fratture non casuali che da sempre hanno caratterizzato la storia del neo-fascismo italiano.

Radici allo scoperto
Sin dalla sua fondazione nel lontano 1946 il Movimento Sociale era attraversato da un solco che non si è mai rimarginato, malgrado il frequente passaggio dei suoi esponenti dall’una all’altra sponda. Da un lato c’era l’ambizione di rappresentare i ceti medi (in qualche misura tutti compromessi col regime fascista almeno fino al 1943) che cercavano un approdo nella nuova democrazia che non ne mettesse in discussione le scelte del passato, dall’altro i reduci dell’estremismo filo-nazista di Salò legati a formazioni eversive fanatiche e violente, ancora convinti che l’autoritarismo nazionalista avesse un futuro; il MSI, sin dalla denominazione, si ispirava a questo secondo aspetto (la Repubblica di Salò si chiamava Repubblica Sociale). I suoi referenti culturali erano gli stessi del fascismo rivoluzionario dei primi tempi e le affinità col razzismo egemonico del nazismo del tutto evidenti. Scegliendo però un moderato come Michelini alla guida del movimento l’oltranzismo sembrò impantanato nel procedere di un’egemonia democristiana che non lasciava molto spazio alla destra. Per di più le connessioni col sorgente terrorismo nero (che contrapponendosi formalmente a quello rosso in realtà ne condivideva metodi violenti e finalità eversive) costringeva il MSI ad acrobazie politiche e dialettiche che ne limitavano fortemente l’incidenza politica. Il subentro di Almirante a Michelini aveva segnato una svolta consentendo al nuovo segretario di esercitare una leadership moderata tanto più incontestabile quanto più proveniente da posizioni oltranziste (l’analogia tattica con la Meloni salta agli occhi). Ma i tempi non erano maturi e dopo la sua morte l’integralismo estremista era tornato a trionfare con Pino Rauti (padre di quella Isabella che oggi mette il bastone tra le ruote al centro-destra) e ci vollero l’abilità e l’influenza di donna Assunta (vedova di Almirante) per riportare alla segreteria l’erede designato, il giovane Gianfranco Fini. Con lui cessò di esistere il MSI, nacque Alleanza Nazionale e, attraverso l’alleanza con Berlusconi, si completò la sua piena legittimazione democratica che comportò anche un processo di revisione ideologica che allontanava definitivamente il movimento dalle radici fasciste e da ogni tentativo di revisione storica sulle sue responsabilità; a Julius Evola subentrava Domenico Fisichella.
“Fratelli d’Italia” costituisce un curioso ibrido: nato dalla crisi di AN vorrebbe tenere insieme radici illiberali e anti-democratiche come quelle difese da La Russa e Isabella Rauti e la svolta di Fiuggi il che costituisce una contraddizione irrisolvibile. La loro sembrava una scissione marginale senza futuro ma invece gli errori degli altri partiti hanno spinto il movimento fondato da Meloni, La Russa e Crosetto fino alla maggioranza conseguita nelle elezioni del 2022. Dopo le delusioni stellari di Grillo e quelle balneari di Salvini l’elettorato di centro destra cercava un approdo rassicurante e Giorgia Meloni ha saputo approfittare di questa congiuntura per giocare la sua partita con abilità e intelligenza. Ma deve fare attenzione.

Le trappole
Gli estremisti che militano nel suo partito hanno colto la prima occasione (l’anniversario della fondazione del MSI) per lanciare un avvertimento: non si lasceranno isolare dalla svolta “responsabile” della loro leader e dopo l’approvazione del bilancio (che, nelle parti essenziali, ricalca quello predisposto da Draghi), si faranno sentire. Si spiega così la scelta di La Russa di puntare alla presidenza del Senato da dove può meglio esercitare una mediazione tra il governo e l’ala radicale del partito. La Destra torna quindi a oscillare tra le tentazioni di regime che l’avvicinano ai partiti nazionalisti reazionari di altre parti d’Europa e la tradizione liberal-democratica di una parte consistente dell’elettorato che ha acquisito. Speriamo che la presidente Meloni si renda conto che si tratta di un’altalena pericolosa soprattutto nel nostro Paese dove per fortuna le inclinazioni autoritarie reazionarie sono di modesta entità; il timore di una svolta autoritaria potrebbe nuovamente spostare masse consistenti di voti.

L’eredità fascista
Pesa come un macigno l’eredità fascista in analogia con quanto avvenne a sinistra con quella comunista. Come gli storici che lo hanno studiato ci ricordano, il fascismo è stato molte cose: l’idealismo deviato di Gentile, la sintesi di filosofie come quelle di Hegel, Sorel, Nietzsche che hanno fatto da supporto alle teorie dello Stato assoluto, persino una rielaborazione pasticciata del corporativismo di De Ambris, ma non è di questo che si tratta. Il fascismo è stato innanzi tutto un metodo violento di lotta politica finalizzato a realizzare un sistema politico totalitario dove ogni forma di dissenso era proibita fino a impedire la stessa libertà di espressione. Il razzismo, teoria della superiorità ariana fatta propria dal nazismo e portata ad aberrazioni criminali da Hitler e dai suoi sodali, non ne costituisce l’aspetto peggiore, anche perché è troppo facile – oggi che è rimosso dalla cultura occidentale – fare un rapido viaggetto a Gerusalemme per farsi fotografare davanti al muro del pianto. La parte più pericolosa del neo-fascismo è l’illusione che l’autoritarismo nazionalista attraverso la legittimazione della violenza costituisca la risposta più efficace al settarismo dell’integralismo islamico che un’immigrazione incontrollata sta portando anche da noi.
Se dovesse passare il teorema che per evitare ogni contaminazione bisogna contrapporgli un fanatismo cristiano radicale anche a costo di rinunciare ad alcuni diritti costitutivi della nostra cittadinanza sarebbe facile derivarne la giustificazione storica del fascismo e quindi la possibilità di riproporlo in forme nuove, forse più attente a un pluralismo di facciata ma tuttavia più invasive di un monopartitismo esplicito: Kaczyinski, Orban e Erdogan sono tra noi e sopravvivono indisturbati. Attenta, presidente Meloni: è una strada scivolosa che porterebbe noi liberali da una prudente attesa a una decisa opposizione.

Franco Chiarenza
4 gennaio 2023

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