I quattro moschettieri d’Europa

Si chiamano Angela (Merkel), Francesco (Hollande), Mariano (Rajoy) e Paolo (Gentiloni). Hanno stretto un patto di ferro: andare avanti nell’integrazione europea come unica risposta possibile all’uscita della Gran Bretagna dall’Unione e alle turbolenze del nuovo presidente americano che investono a fasi alterne anche l’Europa. Un primo forte segnale di discontinuità lo hanno dato al consiglio europeo imponendo la riconferma alla presidenza del polacco Tusk malgrado l’opposizione del governo polacco oggi guidato dai suoi avversari conservatori e nazionalisti. Ma l’impegno più significativo è atteso dal vertice straordinario convocato a Roma per celebrare i 60 anni della nascita della Comunità Europea dal quale dovrebbe scaturire l’atto di nascita di un’Europa a due (o più) velocità. Resta però il fatto che tutti e quattro i “moschettieri” potrebbero non essere più al loro posto di qui a pochi mesi.
Il caso della Merkel è quello che preoccupa meno: la competizione elettorale di ottobre in Germania non dovrebbe dare grandi sorprese, e anche nel caso che vincesse il socialista Schultz l’impegno per l’Europa non verrebbe certamente meno (Schultz è stato per molti anni presidente del parlamento europeo).
Hollande non sarà invece sicuramente più presidente e le elezioni francesi rappresentano la maggiore incognita per il futuro dell’Europa; se dovesse vincere Marina Le Pen il discorso si chiuderebbe prima ancora di cominciare, anche con Fillon è lecito qualche dubbio sulla sua tenuta europeista, i socialisti sembrano fuori dai giochi. Soltanto una miracolosa vittoria di Macron darebbe garanzie certe per un rilancio dell’unità europea.
Rajoy è un presidente precario senza una maggioranza certa; da un momento all’altro i socialisti potrebbero rovesciarlo e anche in Spagna nuove elezioni presentano forti rischi di instabilità. Se dovessero aumentare i consensi dei “podemos” (una variante iberica dei “cinque stelle”) il discorso europeo sarebbe seriamente compromesso.
Quanto a Gentiloni lo sappiamo bene; arriverà fino alla scadenza della legislatura ma dopo le elezioni è molto improbabile che sarà ancora lui a guidare il governo. Se gli succederà Renzi dobbiamo prendere atto che nel suo discorso congressuale al Lingotto l’unificazione europea è tornata al centro dell’attenzione, e in generale tutto il PD è su posizioni europeiste. Se invece i “cinque stelle” o l’estrema destra di Salvini e Meloni divenissero determinanti il primo siluro partirebbe certamente per affondare i progetti di rafforzamento delle istituzioni europee.

Mi pare di essere seduto su un vulcano che conosco bene, l’Etna. Quando comincia a brontolare si sa che sta per eruttare ma non si sa mai a quale altezza e in quale direzione. Se apre le sue bocche sulla valle del bove tutti tirano un respiro di sollievo: non farà danni e dopo essersi sfogato tornerà in letargo. Ma quando le lingue di fuoco escono dalla parte dei paesi e della stessa città eretta sotto la montagna la lava può distruggere tutto ciò che è stato costruito e ci vogliono decenni per ricominciare. E’ già successo; al centro della piazza del Duomo a Catania un antico elefantino in pietra lavica sta lì a ricordarcelo.

Franco Chiarenza
14 marzo 2017

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