La guerra dei migranti

Foto di Mstyslav Chernov – Wikimedia – CC BY-SA 4.0

Salvini c’è riuscito. Riportare la questione degli immigrati al centro dell’attenzione in un momento in cui le preoccupazioni degli italiani erano rivolte altrove poteva sembrare un azzardo, ma con l’aiuto involontario delle ONG e di Macron c’è riuscito. Ha messo in difficoltà la Meloni costringendola ad arretrare sul passato, ha messo in difficoltà i rapporti con l’Europa proprio quando la presidente del Consiglio voleva ammorbidirli, ha lanciato un messaggio chiaro ai militanti della destra su chi nel governo dettava l’agenda. Una gara che fa tanto ricordare la famosa scena del film di Chaplin “Il dittatore” quando il Duce e il Fuhrer spingono in alto le poltrone da barbiere. Il che conferma che i suoi veri avversari la leader di “Fratelli d’Italia” dovrà cercarli all’interno della sua maggioranza, tanto più che dall’opposizione parlamentare per ora non ha nulla da temere. E dire che per scansare il pericolo la neo-presidente le aveva pensate tutte: allontanare Salvini dal Viminale, silenziarlo con l’atlantismo, collocarlo lontanissimo dalla Farnesina, creare un apposito ministero del mare affidandolo a un berlusconiano per impedirgli l’accesso al Papeete da dove magari tra un bagno e l’altro poteva ordinare di affondare i barchini carichi di immigrati che sbarcavano sulle coste; affidandogli le infrastrutture pensava al vecchio inoffensivo ministero dei trasporti che di fatto si occupava di ferrovie (e arrivare in treno da Roma a Mosca era complicato (dovendo passare dall’Ucraina). Ma ahimè era inciampata sui porti. Porti = navi = ong = immigrazione. L’avevano fregata.

La questione
Naturalmente nulla nasce dal nulla. Il problema degli immigrati clandestini esiste e quello dei comportamenti ambigui delle ONG che si accompagna all’indifferenza dei partner europei pure.
Covid e guerra in Ucraina con tutte le conseguenze drammatiche che ne sono derivate hanno fatto giustamente passare in secondo piano le paure irrazionali che avevano in passato terrorizzato larghi settori dell’opinione pubblica che i neri li voleva sì per coltivare i pomodori ma non gradiva vederli girare liberamente per strada spaventando i loro bambini. Ironia a parte, erano arrivati problemi più seri e degli immigrati che sbarcavano in clandestinità per due anni non ha parlato più nessuno. Ma il problema esiste e non si risolve resuscitando venti nazionalistici (che ne suscitano altrove altrettanti) ma affrontando pragmaticamente la questione partendo da alcuni dati di fatto:

  1. Gli immigrati rappresentano in prospettiva una risorsa e non un onere. Tutti gli esperti concordano che con l’invecchiamento della popolazione la nostra economia non potrà funzionare senza l’apporto di centinaia di migliaia di immigrati, neanche se le nostre donne tornassero a fare figli con la stessa intensità del secolo scorso (il che pare irrealistico, anche con gli incentivi che la Meloni, memore forse dei fasti demografici mussoliniani, promette per sostenere la maternità).
  2. La questione quindi non è se abbiamo bisogno degli immigrati ma come regolarne i flussi di entrata in modo da renderli coerenti con un dignitoso collocamento (anche nel loro interesse). Lo stesso problema hanno avuto (e hanno) Francia, Germania e Spagna anch’esse soggette a una forte pressione immigratoria.
  3. L’Unione Europea – in quanto istituzione regolata dal trattato di Maastricht e da quelli successivi che lo hanno modificato – non ha competenza in materia. Può soltanto esercitare – per quel che vale – una moral suasion accompagnandola con qualche incentivo economico.
  4. Fino ad oggi la maggior parte dei partner europei si sono dichiarati contrari ad estendere il potere regolamentare dell’Unione in materia di immigrazione. Ogni decisione in proposito passa quindi attraverso l’unanimità dei suoi ventisei membri.
  5. Ciò nonostante la Germania è riuscita cinque anni fa a coinvolgere l’Unione in un accordo con la Turchia che ha consentito di bloccare l’invasione di profughi che in seguito alle guerre in Medio Oriente stavano rovesciandosi in Europa. Un accordo costato alcuni miliardi di euro ma che – attenzione! – non riguardava una generica immigrazione economica ma il salvataggio di profughi vittime di conflitti armati che erano sotto gli occhi di tutti. Qualcosa di simile sta accadendo per i profughi ucraini che dopo l’aggressione di Putin al loro paese hanno invaso la Polonia e sono stati giustamente accolti in tutta l’Europa (Italia compresa).
  6. Un fragile accordo che prevedeva il ricollocamento di alcune migliaia di migranti economici in alcuni paesi europei, chiesto dall’Italia e accettato da Francia e Germania, aveva carattere volontario e di fatto si è risolto in un fallimento.
  7. L’instabilità politica e militare della Libia aggrava la situazione, ma non è la sola ragione di quanto avviene nel Mediterraneo. Flussi costanti di migranti provengono anche dal Magreb, dall’Egitto e dal Medio Oriente. Una politica di contenimento e di selezione da sviluppare in Africa settentrionale – come proponeva la Meloni – urta contro due ostacoli: deve essere fatta dall’Unione Europea o quanto meno in stretta cooperazione dai paesi europei che si affacciano sul Mediterraneo (oltre al nostro Spagna, Francia e Grecia e altri minori), e deve trovare accoglienza e collaborazione nelle nazioni arabe interessate (Egitto, Tunisia, Algeria, Marocco). Di tutto ciò non si scorgono nemmeno le premesse. Gli unici soggetti che fanno politica in Africa esercitando un discreto potere di pressione sono le compagnie petrolifere (compresa, per fortuna, la nostra ENI) che sono tra loro in aspra competizione.

Sic rebus stantibus
Così stando le cose non basta sperare che le cose cambino e le opinioni pubbliche della Norvegia o dell’Olanda diventino più sensibili alle nostre preoccupazioni, e nemmeno esercitare pressioni muscolari (come la chiusura dei porti) o sollevare infinite controversie di diritto sulle bandiere che battono le ONG.Dobbiamo invece predisporre un piano B (che diventerà presto l’unico praticabile) per regolare l’accoglienza e il collocamento anche senza l’aiuto dei partner europei. Si può fare cambiando alcune leggi assurde che regolano cittadinanza e residenza, modificando l’accesso ai concorsi, collaborando coi sindacati per smantellare l’economia sommersa che prospera sull’immigrazione clandestina. Si può fare ma bisogna volerlo sedendosi intorno a un tavolo, anche presieduto da Giorgia Meloni. Meglio non invitare Salvini.

 

Franco Chiarenza
16 novembre 2022

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