La solitudine di Macron

Con la vittoria di Macron in Francia gli europeisti di ogni tendenza avevano pensato che un rilancio del processo unitario europeo fosse diventato possibile e forse imminente. Ma non è stato così: al contrario le elezioni tedesche hanno indebolito Angela Merkel, il governo spagnolo è sempre a rischio di sopravvivenza, il gruppo di Visegrad (e soprattutto l’Ungheria) continua a differenziarsi dalla tradizione liberal-democratica dell’Europa occidentale, e infine anche l’Italia con il nuovo governo si sta collocando decisamente su un orizzonte “sovranista” certamente non favorevole all’integrazione europea. Le imminenti elezioni per il parlamento di Strasburgo si presentano di esito incerto e tutto contribuisce ad isolare il presidente francese nel suo progetto di rilancio, se mai ci sia stato.

La burocrazia di Bruxelles
Ma chi pensa che l’Unione sia ormai irrimediabilmente destinata a dissolversi o che comunque dovrà ridursi a un club nazioni completamente sovrane che di volta in volta potranno stipulare accordi a geometria variabile, non conosce la realtà che in questi anni è venuta consolidandosi intorno alle istituzioni comunitarie. Il corpo massiccio dell’Unione, tenuto insieme da una burocrazia che si è consolidata in decenni di potere regolamentare, è divenuto troppo ingombrante per essere facilmente eliminato senza creare più danni di quelli che gli vengono contestati. Non soltanto la moneta comune ha sottratto agli stati nazionali il potere essenziale della politica dei cambi e la vigilanza sugli istituti di credito, il trattato di Schengen ha aperto le frontiere, le borse Erasmus hanno consentito a centinaia di migliaia di studenti di mescolarsi tra loro, ma non c’è aspetto della vita civile in Europa che non sia condizionata dai trattati; la minuzia di certe regolamentazioni possono legittimamente infastidire, ma tutto il sistema produttivo europeo si è ormai conformato alle direttive della Commissione, il sistema giudiziario è reso sempre più omogeneo dalle pronunce della corte del Lussemburgo, non vi è settore che non sia coinvolto in una rete di accordi anche parziali ma comunque indicativi per tutti.
Piaccia o no in assenza di una spinta politica i burocrati hanno steso una rete che adesso è assai difficile da smontare; soprattutto per questo l’Europa è in mezzo al guado, conta a livello delle trattative dove si presenta con un’unica voce (quella della Commissione), viene ignorata quando le nuove grandi potenze stabiliscono i nuovi equilibri internazionali (il che vale anche per paesi che vantano un passato glorioso come Francia, Gran Bretagna e la stessa Germania). I dossier che contano a livello mondiale sono preparati a Bruxelles e a Francoforte.
E cresciuto così un mostro. Una burocrazia tanto più onnipotente in quanto priva di un reale controllo politico. Esattamente come è successo con la creazione dell’euro. Ma (tanto per imitare la formula che usano i Cinque Stelle quando si apprestano a fare marcia indietro) un’analisi dei costi e benefici non consente altra soluzione di quella proposta da Macron: andare avanti, cominciando a farlo con chi ci sta. Purtroppo però al momento attuale non ci sta nessuno.

Le elezioni europee
Per queste ragioni le prossime elezioni europee rappresenteranno una sorta di referendum: non pro o contro l’Europa, perché sarà troppo facile per tutti – anche per Orban e Salvini – dire che sono a favore di una “diversa” Europa, ma per una maggiore integrazione politica laddove ancora le sovranità nazionali hanno mantenuto i loro poteri esclusivi, per esempio in materia di politica estera, difesa e bilancio. Ma per rendere chiaro l’obiettivo all’opinione pubblica occorre anche uscire dal generico: proporre per esempio che la futura assemblea abbia funzioni costituenti e sia in grado di disegnare le linee guida su cui l’Unione politica dovrà costruirsi. A Macron non basterà contrapporre “sovranisti” a “europeisti”; dovrà dire qualcosa di più se vorrà davvero mettersi alla testa dei sentimenti europei, anche a costo di perdere qualche voto in Francia.

 

Franco Chiarenza
20 novembre 2018

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