Le cinque stelle continuano a brillare
Il governo Conte continua nel suo incerto cammino dove la vera sorpresa sembra essere proprio il presidente del Consiglio – classico vaso di coccio tra vasi di ferro – il quale sta mostrando capacità di mediazione e di movimento understatement del tutto imprevedibili, in sintonia col ministro degli esteri Moavero Milanesi e con il probabile appoggio di Mattarella che punta su di lui per stemperare le asprezze dei due principali partner della maggioranza, sempre protesi in una gara demagogica che non sembra avere mai fine.
Il movimento Cinque Stelle è certamente quello in maggiori difficoltà, ma non sembra che ciò abbia determinato una diminuzione significativa del consenso di cui godono (sempre al di sopra del 30%).
Di Maio, Raggi, Fico, Appendino
Il vice-presidente del Consiglio si è imbarcato in un progetto (“decreto Dignità”) che voleva essere ambizioso e contrastare l’evidente maggiore visibilità del collega Salvini, ma il percorso sta mostrando grandi difficoltà ancor prima di approdare in Parlamento dove l’attende la sorda ostilità della Lega che tende ad annacquarne i contenuti fino a renderli irrilevanti. In effetti il vero punto debole del progetto è la copertura finanziaria, come sempre sottovalutata dal movimento Cinque Stelle. Nel frattempo Di Maio rinvia ogni decisione sull’ILVA di Taranto e sull’alta velocità in Val di Susa dove non sa che pesci pigliare senza perderci la faccia.
Il fallimento della sindacatura Raggi a Roma è ormai sotto gli occhi di tutti (e infatti in alcune circoscrizioni il movimento ha subito sconfitte significative); al di là della spazzatura che continua a ingombrare le strade della Capitale, delle buche che le hanno trasformate in percorsi di guerra, del deficit fallimentare dell’ATAC, c’è uno sfilacciamento nel funzionamento di tutti i servizi mentre la Giunta si muove inseguendo le emergenze giorno per giorno senza un progetto, un’ idea per il futuro. Anche all’interno del movimento il malumore è palpabile.
Roberto Fico ha portato a casa un duplice successo di immagine: l’abolizione dei vitalizi dei deputati e la presa di distanza da alcuni eccessi di Salvini. Nel primo caso si tratta di una misura molto attesa dalla base grillina che si compatta soprattutto nell’avversione irriducibile nei confronti della cosiddetta “casta” cioè contro i privilegi – veri o presunti – di chi ha mal governato fino a ieri; ma ci sono molti dubbi che una delibera che opera retroattivamente su diritti acquisiti possa superare il probabile vaglio di costituzionalità. Nel distinguersi invece da Di Maio sul problema dell’immigrazione Fico si candida a rappresentare una possibile alternativa all’alleanza con la Lega da realizzarsi quando dovesse verificarsi una seria crisi in grado di infrangere il patto con Salvini, per il momento ancora molto saldo.
Il sindaco di Torino è inciampato sulle Olimpiadi; richieste a gran voce dalla maggioranza dei cittadini, avversate decisamente dalla base dei Cinque Stelle, hanno costretto Chiara Appendino a tortuosi compromessi. Ma perché le Olimpiadi vadano bene per Torino mentre sono state sprezzantemente rifiutate per Roma pone qualche domanda.
Grillo
E poi c’è Grillo. Il quale si muove disinvoltamente non come il punto di riferimento di un movimento che ha conquistato (anche per merito suo) il governo del Paese, ma rivendicando un ruolo di libero battitore più consono al suo passato di attore comico che non di un leader consapevole. Difende la Raggi anche dove è indifendibile (la pagliacciata sulle buche gli ha valso anche le critiche di esponenti importanti del suo movimento), vaneggia utopie di vago sapore pannelliano (come l’abolizione delle carceri), rampogna Di Maio per il suo approccio di governo troppo istituzionale. Ma non era stato lui, con la ditta Casaleggio, a scegliere Di Maio come capo politico del movimento proprio per le sue presunte capacità di interlocuzione con i partiti e le istituzioni? Nessuno capisce quanto conti ancora Grillo; ma mi sembra difficile immaginare che un suo intervento, nel caso si approfondisca il contrasto tra l’ala movimentista e quella governativa, non sarebbe decisivo.
Franco Chiarenza
15 luglio 2018
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