Perché siamo diversi
Quando si stigmatizzano le repressioni del dissenso in Iran, in Russia, in Cina, in molti commenti critici si nota una costante: quella di negarne la legittimità perché anche noi (occidentali o comunque liberal-democratici) abbiamo fatto e facciamo le stesse cose; e si ricorda immancabilmente l’Iraq, la Libia, il Kossovo (di solito non si cita la Siria distrutta dai russi per sostenere il regime di Assad e che ha prodotto una fuga in massa che non ha equivalenti). Come se il fatto che anche gli americani oggi e gli europei in passato abbiano compiuto azioni riprovevoli giustificasse in qualche modo gli orrori di cui Putin si è reso responsabile in Ucraina (e prima ancora in Cecenia e in Georgia) o la violenta repressione contro le donne in rivolta compiuta dal regime clericale scita in Iran.
La differenza c’è e per i liberali è fondamentale; chi non la vede o è in mala fede oppure non attribuisce alle libertà individuali lo stesso peso che gli diamo noi.
La libertà di espressione
Tale differenza consiste nel fatto che le azioni compiute dagli americani sono state fortemente contestate in America e nei paesi liberal-democratici attraverso i mezzi di comunicazione di massa, in parlamento, fino, in taluni casi, a costringere i governi a fare marcia indietro; come avvenne, per esempio, in anni lontani in Vietnam, fino a far dire che la guerra i vietcong l’avevano vinta a Washington piuttosto che a Saigon. La libertà assoluta di espressione delle proprie opinioni è tutelata da rigorose norme costituzionali negli USA (primo emendamento, Bill of Rights) e in tutti i paesi democratici (da noi con l’art.21 della Costituzione); l’indipendenza dei parlamenti dai rispettivi governi su questioni vitali è dimostrata da moltissimi esempi (a cominciare dalla bocciatura di alcuni trattati europei).
Di che stiamo parlando dunque? Esiste qualcosa di simile in Cina (vedi le repressioni del regime contro gli studenti di Hong Kong), in Iran (dove si impiccano i ragazzi perché “non credono in “Dio”?), in Russia dove leggi speciali hanno definitivamente chiuso la bocca ad ogni critica e gli oppositori marciscono in galera (quelli fortunati, gli altri vengono uccisi per strada o col veleno, o, più recentemente, buttati dalla finestra).
La libertà di non essere liberali
Non a caso Putin sostiene che il liberalismo è superato, Xi salva il capitalismo protetto dallo Stato ma condanna ogni forma di pluralismo politico (avendone cancellato le tracce residue a Hong Kong), e purtroppo anche Erdogan in Turchia e Orban in Ungheria marciano nella stessa direzione. La convinzione che emerge dietro gli interventi che giustificano i regimi illiberali è, a ben vedere, collegata all’idea che l’uso della violenza sia necessario per garantire l’interesse nazionale, col conseguente corollario che le democrazie sono divise, deboli e destinate a soccombere. Noi liberali invece riteniamo che la cultura occidentale sia vincente proprio perchè è tollerante, si fonda sulla libertà di espressione, costringe i suoi avversari ad argomentare le loro ragioni senza ricorrere alla forza, ed è quindi in grado di correggere i propri errori. Da sempre i dittatori cadono anche perchè, ingannati da cortigiani adulatori, finiscono per credere alla loro stessa propaganda.
Tutte balle? La libertà è finta, poteri occulti ci manovrano come marionette? La concupiscenza americana è il nemico da combattere, anche quando il lupo si traveste da agnello? Cadiamo nel più vieto complottismo che potrebbe essere tranquillamente rovesciato: e se qualcuno manovra certi contestatori da strapazzo magari ungendo le ruote perchè scorrano silenziose? I fatti ci danno ragione: i muri, i veli, i divieti sono sempre più fragili e prima o poi cadranno rendendo il mondo inevitabilmente conflittuale ma abitato da uomini e donne che vogliono essere liberi. Regolare i conflitti è una cosa (e a questo servono le costituzioni democratiche), negarne l’esistenza attraverso la soppressione dei diritti individuali è roba da caserma (o da campo di concentramento, se si preferisce).
Franco Chiarenza
3 gennaio 2023
P.S. Molti replicheranno che lo scandalo del Qatar dimostra la corruttibilità delle democrazie liberali. Sarebbe un argomento convincente se in Russia gli oligarchi protetti dal Cremlino non si fossero mangiati quote rilevanti dell’intero pil di quel paese e se i cinesi non avessero ammesso pubblicamente che la corruzione è il principale problema che il regime non riesce a contenere,
Anche in questo caso con una differenza: in Europa dello scandalo Qatar si scrive e si discute liberamente, in Russia e in Cina la denuncia non è accompagnata dalla trasparenza necessaria per coinvolgere l’opinione della gente comune, fattore indispensabile per un efficace contrasto a un fenomeno criminale che purtroppo riguarda tutti. FCh.
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