Sindaci ribelli

La legge Salvini sulla sicurezza è discutibile e si presta a molte critiche. Ma in uno stato di diritto non si consente a nessuno di disobbedire a una legge approvata da un parlamento regolarmente eletto e promulgata dal Capo dello Stato, il quale, se vi avesse ravvisato violazioni davvero fondamentali ai diritti costituzionali avrebbe potuto rinviarla alle Camere con le proprie osservazioni. In ogni caso nel nostro ordinamento della sua costituzionalità non decidono i sindaci di Napoli e di Palermo ma la Corte Costituzionale alla quale giustamente si è appellata la Regione Toscana.
Il rifiuto di applicare la legge da parte di un pubblico ufficiale (come sono i sindaci) configura la possibilità di una loro rimozione da parte del consiglio dei ministri. Naturalmente il governo si guarderà bene dal farlo ben comprendendo che si tratta soltanto di un gesto politico spettacolare utile alla popolarità di due sindaci che storicamente non provengono dalle file del partito democratico, anche se le loro amministrazioni ne sono appoggiate, a conferma del fatto che stiamo già entrando in campagna elettorale.

Detto questo va fatta una riflessione sui contenuti della legge. Pur sbagliata negli strumenti che mette in atto essa risponde a una lamentela che ho visto molto diffusa riguardo la situazione precedente; quella che riguarda l’utilizzazione di strutture sociali da parte di immigrati a scapito di cittadini italiani. E’ arduo spiegare a una madre che non trova posto per il proprio figlio negli asili comunali che in base alla normativa vigente può passargli davanti il figlio di un immigrato, magari in base a requisiti che spesso non corrispondono alla realtà (per esempio i redditi provenienti da lavoro nero). Non voglio dire che questo giustifichi il modo rozzo con cui l’attuale maggioranza – in questo come in altri casi – tenta di risolvere il problema; penso però che la sinistra, alla ricerca di un’identità che dovrebbe cercare altrove, sottovaluti l’importanza che assumono certe questioni che incidono sulla vita quotidiana delle parti più deboli della società, quelle appunto che la sinistra dice di volere rappresentare.

 

Franco Chiarenza
7 gennaio 2019.

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