Taormina
Taormina potrebbe passare alla storia per avere ospitato un vertice delle sette maggiori potenze industriali dell’Occidente che ha segnato l’inizio della fine dell’alleanza euro-americana, almeno nei modi in cui essa si è realizzata a partire dalla seconda guerra mondiale. Naturalmente tutto si svolgerà in tempi e modalità ancora da definire e non senza difficoltà per le resistenze che comunque la nuova politica produrrà anche all’interno degli Stati Uniti e dello stesso partito del presidente Trump. Ma che comunque qualcosa si sia spezzato per sempre non è soltanto una sensazione.
L’alleanza atlantica
Prima di Taormina il presidente americano ha compiuto due visite significative: a Roma in Vaticano per incontrare papa Francesco, a Bruxelles per partecipare al vertice dell’Alleanza Atlantica. Le due tappe servivano a chiudere (almeno nelle intenzioni di Trump) due fronti che rischiavano di creargli problemi in America, dove le difficoltà che sta incontrando sono già fortissime; il primo col mondo cattolico che, dopo essere rimasto sostanzialmente neutrale nella campagna elettorale, sembrava non avere gradito alcune arroganti contrapposizioni della nuova amministrazione. Il secondo per rassicurare l’opinione pubblica del suo Paese sulla vigilanza anti-russa in un momento in cui proprio su tale questione il suo staff è sotto tiro; le riserve sulla NATO si sono quindi ridotte a una richiesta di maggiore partecipazione finanziaria agli oneri che il suo apparato militare comporta.
Ma in realtà anche l’alleanza atlantica potrebbe restare compromessa dalla nuova politica americana non tanto per le intenzioni riduttive di Trump quanto perché, a fronte della Brexit e del neo-isolazionismo USA, la Germania sarà certamente tentata di rilanciare un riarmo europeo continentale su cui troverebbe orecchie attente nella Francia di Macron.
Il commercio internazionale
Il terreno su cui Trump troverà le maggiori difficoltà è la contestazione di ogni forma di multilateralismo commerciale che mette in crisi un aspetto fondamentale della globalizzazione. Negli Stati Uniti il mondo della finanza e l’industria tecnologica d’avanguardia non nascondono le loro perplessità le quali non mancano di riflettersi sul partito repubblicano e quindi sul governo.
A Taormina infatti qualche segnale di ripensamento è emerso, anche se la linea di tendenza isolazionista su cui Trump ha fondato la sua popolarità non potrà essere facilmente ribaltata. Questo è il punto più dolente su cui tutte le potenze dentro il G7 e fuori di esso (Cina e India soprattutto) sono in stand by in attesa di riorientare le proprie politiche economiche; anche se gli Stati Uniti costituiscono il mercato di consumo più grande del mondo il rifiuto di regolamentazioni internazionali potrebbe comportare una moltiplicazioni di guerre commerciali che si ripercuoterebbe sugli investimenti e sugli assetti finanziari fino ad oggi controllati in gran parte dagli Stati Uniti.
Il clima
I media europei hanno insistito molto nel rilevare l’isolamento in cui si è trovato Trump sul problema degli accordi di riduzione delle emissioni inquinanti. Ma il problema è in realtà più apparente che reale: si tratta di un debito elettorale che il presidente americano ha voluto onorare nei confronti dei minatori. Ma tutti sanno che le miniere di carbone sono in crisi per ragioni che prescindono dall’inquinamento, a cominciare dalla concorrenza delle scisti bituminose che lo stesso Trump intende favorire, e per terminare coi progressi dell’automazione nell’attività di estrazione che – a dire degli stessi imprenditori – ridurranno ulteriormente i posti di lavoro nelle miniere. Quando anche Trump si renderà conto del grande business rappresentato dalle energie alternative la marcia indietro, sia pure al di fuori di quei vincoli multilaterali che gli sono culturalmente indigesti, sarà inevitabile.
La reazione tedesca
Sulla strada del ritorno da Taormina la cancelliera tedesca Angela Merkel ha fatto tappa a Monaco di Baviera per intervenire a una manifestazione dell’Unione Cristiano Sociale, storico partito bavarese federato con la CDU, dove ha tenuto un discorso dai toni molto duri nei confronti di Trump. Una reazione attesa ma non nei tempi e nei modi in cui si è realizzata.
Non nei tempi perché si pensava che in piena campagna elettorale la Merkel avrebbe aspettato di misurare sul suo successo elettorale la risposta alla duplice sfida che arriva all’Europa dalla Brexit e da Trump. Non nei modi perché l’UCS rappresenta l’ala più conservatrice dell’alleanza di governo, quella, per intenderci, più aperta a suggestioni di tipo nazionalistico; la combattiva cancelliera ha preferito lanciare la sua provocazione proprio dove la sua proposta poteva trovare maggiori perplessità.
Adesso nessuno in Europa ha più alibi: Taormina ha significato anche questo, dalle parole e dalle generiche intenzioni si dovrà passare ai fatti. L’Europa – ha detto la Merkel – dovrà imparare a fare da sé, rinunciando alla protezione americana; a cominciare dalla copertura militare finora assicurata da una NATO a guida americana.
Theresa May, toccata e fuga
Infine la grande assente: la Gran Bretagna. L’orribile strage di Manchester ha consentito al primo ministro britannico di fare a Taormina soltanto una rapida apparizione. Il vertice infatti si è svolto nel pieno di una campagna elettorale da lei stessa voluta che sta mostrando inattese difficoltà per l’emergere di preoccupazioni diffuse (non soltanto in Scozia e in Irlanda del nord) sulle conseguenze di una uscita dall’Europa brusca e conflittuale. I laburisti cavalcano con decisione tali preoccupazioni sul versante dei diritti sociali, i liberali sulla convenienza economica, i sondaggi vanno riducendo i margini della maggioranza della May.
L’impressione che si ricava da queste convulse settimane è che la decisione di cambiare gioco da parte di chi fino ad oggi dava le carte sta producendo un momento di confusione in cui nessuno sa bene come comportarsi. Noi, come sempre, abbiamo offerto uno splendido palcoscenico per recitare la commedia (o la tragedia?), ma gli attori protagonisti sono altri.
Franco Chiarenza
31 maggio 2017
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