E’ morto Paolo Bonetti. Una perdita grave per il liberalismo italiano, perché liberale fino in fondo Bonetti lo era davvero. Altri scriveranno del suo pensiero filosofico, della sua attività accademica, della sua sensibilità per i diritti umani ivi compresi quelli che derivano dal fenomeno dell’immigrazione (un problema complesso su cui la cultura liberale occidentale non ha ancora trovato un punto di convergenza condiviso). Lo ricordo nella sua compostezza, nella capacità di ascoltare e di confrontarsi senza mai rinunciare all’intransigenza sui principi che lo portava anche a simpatizzare con le campagne anti-clericali di “Critica Liberale”, il periodico diretto da Enzo Marzo, col quale collaborava intensamente. Era un “liberale di sinistra”, e di questa importante componente del liberalismo italiano scrisse anche una storia.

Abbiamo discusso tante volte, era un amico sincero della vecchia Fondazione Einaudi di Roma – quella di Zanone, per intenderci – e ne apprezzavo la profondità di pensiero unita alla rara capacità di esporre le sue convinzioni in termini semplici e facilmente comprensibili; doti essenziali per un buon “maestro” come infatti dimostrò di essere nei suoi numerosi incarichi didattici.
Quando venne, invitato dai giovani della LUISS, a presentare il mio libro “Il liberale qualunque”, lui che di ogni forma di qualunquismo era avversario, fu il solo a comprendere il senso divulgativo e didattico del testo che avevo faticosamente elaborato, e, rispondendo a una domanda di un giovane che ne lamentava la dimensione “tuttologica”, rispose che il libro era da tenere sul comodino, come un livre de chevet, un manuale del buonsenso liberale da consultare di tanto in tanto. Lo apprezzai molto.

Lo incontravo talvolta anche nei dibattiti e negli incontri organizzati nella chiesa valdese di piazza Cavour e alla sua competenza in materia di rapporti tra Stato e Chiesa devo la comprensione dell’importanza che ha avuto ed ha tuttora la questione. E del perché un liberale, al di là ovviamente di qualsiasi convinzione religiosa, non può non seguire con attenzione quanto avviene nella Chiesa per comprenderne il travaglio nell’affrontare un’impietosa secolarizzazione che rischia di distruggerla non tanto come organizzazione terrena quanto nella sua dimensione morale in grado di condizionare valori e comportamenti. I liberali non hanno distrutto il potere temporale della Chiesa per eliminare quei valori cristiani che nella tradizione occidentale si erano fusi con le certezze dell’illuminismo, ma per esaltarne il valore civile; il nulla dell’anarchia individualista che sembra oggi averne preso il posto nulla ha a che fare con il vero liberalismo. Quello di Bonetti.

 

Franco Chiarenza
31 gennaio 2019

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