Le odiate banche
La creazione di una commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario ha suscitato molte preoccupazioni e lo stesso Capo dello Stato non ha mancato di sottolineare in una comunicazione ai presidenti delle Camere la sua inquietudine. Si teme che la maggioranza di governo voglia scardinare l’attuale sistema creditizio mettendolo sotto accusa e inseguendo così, ancora una volta, una facile popolarità. Perchè le banche in Italia non sono mai state popolari (anche quando si chiamano così). Uno degli obiettivi del populismo infatti – sempre e ovunque – è stato quello di “riformare” le banche rendendo più facile l’accesso al credito. Piace a tutti prendere i soldi a prestito, piace meno restituirli alla scadenza, non piace affatto che si debbano pagare gli interessi. In materia regna una grande confusione alimentata anche dalla diffusa ignoranza sul funzionamento di un’economia moderna, complice pure la scuola che non ne prevede l’insegnamento almeno dei principi basilari.
Dietro tanta ostilità si scorge la convinzione che le banche dovrebbero essere pubbliche o che comunque le loro eventuali perdite debbano sempre essere garantite dallo Stato inteso come pagatore di ultima istanza di tutti i debitori “che non ce la fanno”. Ma le cose non stanno così ed è bene che non stiano così; e quando stavano più o meno così – negli anni della prima repubblica – è anche per questo che abbiamo accumulato quel gigantesco debito pubblico che da allora ci portiamo appresso.
Perché autonome
Il sistema creditizio è oggi articolato in molti istituti privati in competizione tra loro; chi porta i soldi in banca può scegliere quella che offre maggiori vantaggi, chi chiede un mutuo o un prestito cerca l’istituto di credito che offre le migliori condizioni. Dalla concorrenza, come sempre, l’utente ha tutto da guadagnare. Naturalmente le banche corrono dei rischi dai quali cercano di proteggersi (talvolta esageratamente) che si accentuano quando le crisi economiche colpiscono l’occupazione e quindi i redditi. Per questo la legge impone alle banche di mantenere un patrimonio sufficiente a far fronte a qualsiasi difficoltà e attribuisce alla Banca d’Italia il compito di vigilare in proposito.
Per evitare che la politica inquini il sistema creditizio (come è largamente avvenuto durante la prima repubblica) favorendo operazioni in perdita per motivi di consenso elettorale la Banca d’Italia deve mantenere la propria autonomia.
Perché europee
Oggi le banche operano indifferentemente in tutti i paesi europei che hanno adottato l’euro; banche francesi e tedesche sono largamente presenti in Italia, banche italiane sono protagoniste in alcuni paesi dell’est, ecc. L’unità monetaria ha spostato alcune funzioni di controllo dalle banche centrali dei singoli paesi alla Banca centrale europea che ha sede a Francoforte; ma ancora non è stato possibile unificare anche le diverse normative in maniera da rendere l’eurozona realmente omogenea (Unione bancaria). Quando ciò avverrà avremo finalmente un sistema creditizio europeo competitivo e aperto.
Perché falliscono
Con l’adozione del cosiddetto “bail in” le banche non possono più contare automaticamente nel sostegno dello Stato quando non sono in grado di onorare i loro impegni. E in proposito occorre fare alcune distinzioni non sempre chiare al grande pubblico. Gli azionisti (proprietari) delle banche non dovrebbero mai essere esentati dalle loro responsabilità: sono stati loro a nominare gli amministratori che non hanno saputo gestire l’istituto ed essendo sempre loro a incassare i profitti quando ci sono, è giusto che paghino quando perdono; si chiama infatti capitale di rischio. Diversa la posizione di chi è stato indotto ad acquistare titoli di credito della banca in cambio di finanziamenti; se l’illecito è dimostrato i dirigenti della banca dovrebbero andare in galera e i truffati risarciti (se necessario anche dallo Stato che però dovrebbe rivalersi sul patrimonio delle banche in questione). Infine ci sono i correntisti, considerati sempre vittime innocenti ma qualche volta invece “furbetti” che hanno speculato su improbabili tassi di interesse e, quando è andata male, piangono all’ombra di alcuni ingenui che sono stati davvero raggirati. In tal caso lo Stato (e lo stesso sistema bancario attraverso strumenti di solidarietà) deve garantire i conti correnti di modesta entità. Ma una cosa è certa: l’opinione pubblica non è stata sufficientemente informata che anche le banche possono fallire e che “mettere i soldi in banca” non è più sinonimo di sicurezza. Anche le banche, come ogni altro servizio privato, vanno scelte con attenzione.
In conclusione: Mattarella ha ragione a preoccuparsi. In un momento di crisi come quello che nuovamente stiamo attraversando mettere sotto accusa le banche e cercare nella Banca d’Italia un capro espiatorio per ridurne l’autonomia significa allarmare ulteriormente i mercati, allontanare gli investimenti, rendere problematici i finanziamenti. E’ impossibile che gli uomini di governo, per sprovveduti che siano, non ne siano consapevoli; ma cosa non si farebbe per qualche voto in più!!!
Franco Chiarenza
16 aprile 2019
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